E’ morto John Surtees

Articolo pubblicato il 12-03-2017

E’ morto John Surtees

E’ ormai di qualche giorno fa (10 marzo) la notizia della morte del grande pilota britannico John Surtees, “Big John”, deceduto a Londra all’età di 83 anni. Sappiamo tutti cosa ha reso Surtees un pilota assolutamente unico nel panorama mondiale delle corse: l’essere stato il primo, e finora il solo, ad aver vinto sia il Motomondiale (per ben sette volte) sia il Campionato di Formula1 (dettaglio non insignificante: ogni volta, su una marca italiana).

Tutti i giornali, di sport e non, hanno ricordato la sua figura, ripercorrendone la biografia di uomo competente, coraggioso, dotato di straordinarie capacità di guida,e per questo motivo il vero fulcro del nostro omaggio di oggi sono le fotografie che vedete pubblicate, provenienti dagli archivi personali dei soci Aldo Zana (che ne è l’autore), Alessandro Colombo, Gianni Cancellieri, Stefano Chiminelli (didascalie alla fine del testo).

Le foto di Aldo Zana BJ302

BJ300(1)

 

BJ303 

 

 

 

 

 

 

BJ305BJ304

 

 

 

 

BJ306

 

BJ308

 

BJ309

Due foto di Gianni Cancellieriutf-8''Surtees.Nür1000Km.65

ajaxmail-1

 

Le foto di Alessandro Colombo:

Surtees - 3Surtees MV Imola 1958(1)

Surtees Norton 1957Surtees Silverstone 1957

 

 

Due foto di Stefano Chiminelli del 2016:

3- J. Surtees. (1)4- S. Chiminelli, A. Orsi, J. Surtees. (1)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Sono foto quasi tutte inedite, che testimoniano una carriera lunga e variegata, in moto e in auto.

L’esordio fu nel motomondiale nel 1952 alla guida di una monocilindrica Norton, che ebbe tra le sue avversarie anche la Gilera quattro cilindri (della marca italiana era allora direttore sportivo l’ing. Alessandro Colombo). Il salto di qualità avvenne però con il passaggio alla MV Agusta (1956). Da allora una escalation inarrestabile: sette titoli mondiali di motociclismo, dal 1958 al 1960 nella classe 350, nel 1956 e dal 1958 al 1960 nella classe 500. Record nei record, la vittoria ottenuta in tutti i gran premi della 350 e della 500 nel motomondiale 1959, e la conquista dei tre titoli consecutivi della 500, e quelli della 350 nel 1958 e nel 1959, con il massimo punteggio tecnico possibile.

Chiunque si sarebbe ritenuto sostanzialmente soddisfatto, se non appagato. Surtees invece, nel 1960, pur continuando a correre in moto, esordì sulle quattro ruote al Gran Premio di Monaco su una Lotus. Non doveva essersi comportato tanto male (arrivò secondo al Gran Premio d’Inghilterra) se Ferrari, al termine della stagione seguente (1961) gli offrì un posto in scuderia. E Surtees, inizialmente, rifiutò, pur considerandola la migliore opportunità per un professionista come lui. Nella sua autobiografia “Speed” del 1964 scrisse: “From my own experience, though, I know that if you go to an Italian factory when they are out of luck, as Ferrari undoubtedly were in 1962 and MV-Agusta were in 1955, and work conscientiously with them, a lot can be achieved. The going may be hard for a while, but the opportunities are wonderful. … As a racer, I can stay on the top for only a limited period. As an engineer, I have a career for life ahead of me – and the technical experience I shall gain with Ferrari will be a permanent advantage in that connection”. Queste sue convinzioni spiegano perché l’accordo venne comunque siglato a pochi mesi da quell’esitazione iniziale, e nel 1963, sulla 156 F1, vinse il Gran Premio di Germania, arrivando 4 ° in classifica mondiale. Nel 1964 la consacrazione: grazie a due vittorie (Germania e Italia) e 3 secondi posti, fu Campione iridato di F1 sulla Ferrari 158 con l’aiuto determinante di Lorenzo Bandini.

Ferrari ne scrisse un approfondito ritratto, nel suo “Piloti che gente”. Ecco le sue parole:«Sono note le mie simpatie per gli ex motociclisti, che hanno esperienza, conoscenza meccanica, pratica di velocità, senso agonistico e, non ultima, operosità di umile lavoro. John Surtees era uno di questi “ex” e compendiava tutte le grandi capacità che ho elencato. Di John mi piaceva la tecnica, la passione, lo spirito che in parti uguali e senza risparmio profondeva nella battaglia della competizione. Mi piaceva la sua serietà: studiava la corsa e si preparava con coscienza e impegno: attento a ogni particolare, meticoloso, osservava gli avversari, le macchine, le caratteristiche della pista, sempre alla ricerca del particolare da sfruttare, del dettaglio da risolvere a proprio vantaggio. E così era anche nei confronti della sua macchina: non era mai contento perché sapeva che in meccanica c’è sempre “qualcosa d’altro” che si può scovare, in barba alla logica o al calcolo più esatto.In corsa, Big John viveva la competizione minuto per minuto. Era un combattente generoso e non si risparmiava mai. Dopo essere stato un grande campione sulle due ruote – sette volte mondiale – conquistò con la Ferrari 158 il titolo mondiale nel 1964. Ebbe poi un grave incidente in Canada, ma in poco tempo ritornò sulle piste”.

Effettivamente nelle prove di una gara a Mosport in Canada, alla guida di una Lola T70, ebbe un gravissimo incidente che gli procurò una frattura al bacino, ferite alla spina dorsale e danni al fegato. Inizialmente fu addirittura dato per morto… Per fortuna, si riprese in fretta e nel 1966 ritornò a gareggiare con la Ferrari in F1 (primo nel GP del Belgio) e nei Prototipi (primo nella 1000 km di Monza), vincendo con la Lola T70 il primo campionato Can-Am e tre prove su sei.“Divorziò dalla Ferrari l’anno dopo, nel 1966, e poteva essere, con irrisoria facilità, il suo secondo alloro mondiale sulle quattro ruote. Inutile ricordare come e perché si giunse a una separazione che spiacque agli sportivi, né desidero rievocare certi aspetti polemici che John assunse nei confronti del compagno di squadra Bandini, del direttore sportivo Eugenio Dragoni e dei tecnici del reparto corse”.

Il litigio a cui allude Ferrari scaturì dalla sua volontà di cimentarsi anche nella 24 Ore di Le Mans, a cui Dragoni si oppose recisamente, non ritenendolo fisicamente in grado di reggere una gara così impegnativa. Forse ancora aleggiava il ricordo del brutto incidente dell’anno prima… Così continua Ferrari:

“Surtees si comportò correttamente in seguito, anche se per due o tre anni non fece altro che gareggiare in pista contro le sole vetture Ferrari. Diventò assemblatore, dopo avere corso con i giapponesi della Honda, la BRM e qualche volta anche con la Ferrari. Non ha mai ottenuto risultati di rilievo né come pilota né come titolare di scuderia. Ha avuto la lealtà di scrivermi che queste sue ultime esperienze gli ricordavano come talune mie decisioni, che a quell’epoca ritenne ingiuste, avevano invece valide motivazioni per un costruttore. Per parte mia voglio soltanto rammentare quanto dissi allora a conferma della stima che sento per questo pilota: “So quello che perdo, non so invece quello che perderei se lo confermassi”. E mai valutazione fu tanto soppesata, prima della decisione che ci separò».

Effettivamente, i suoi risultati nei sei anni successivi non furono eclatanti, illuminati dalle sensazionali vittorie in Messico 1966 (Cooper Maserati) e Monza 1967 (Honda): 4°, 7° e 11° nella classifica del mondiale per Honda Racing e Owen Racing nel 1967, 1968 e 1969; ancora più deludenti le posizioni raggiunte con il Team Surtees dal 1970 al 1972 (17°, 18° e non classificato).

La passione delle corse gli diede tanto, ma gli tolse anche tanto: suo figlio, Henry, pilota come lui, è morto nel 2009 ad appena diciott’anni, nel corso di una gara di F2, colpito alla testa da uno pneumatico. In sua memoria, John Surtees aveva dato vita alla Fondazione Henry Surtees, un’associazione benefica volta a alleviare le sofferenze da traumi cerebrali.

Sul Book of condolence del sito campeggia la scritta: John Surtees 1934-2017: Husband, Father, Brother, World Champion. Queste le parole della famiglia:

It is with great sadness that we announce the death of our husband and father, John Surtees CBE. John, 83, was admitted to St.Georges Hospital, London in February with an existing respiratory condition and after a short period in intensive care he passed away peacefully this afternoon. His wife, Jane and daughters, Leonora and Edwina were by his side.John was a loving husband, father, brother and friend. He was also one of the true greats of motorsport and continued to work tirelessly up until recently with The Henry Surtees Foundation and Buckmore Park Kart Circuit.We deeply mourn the loss of such an incredible, kind and loving man as well as celebrate his amazing life. He has set a very real example of someone who kept pushing himself at his peak and one who continued fighting until the very end.We would like to thank all the staff at St George’s Hospital and The East Surrey Hospital for their professionalism and support during this difficult time for us. Thank you also to all of those who have sent their kind messages in recent weeks.

Foto Colombo 1: J.S su Norton 500 carenata del 1957

Foto Colombo 2: con la MVa Imola nel 1958 quando ha vinto il mondiale.

Foto Colombo 3: durante una rievocazione.

Foto Colombo 4: a Silverstone nel 1957

Foto Cancellieri: alle prove del Gran Premio di Siracusa 1965, con Mauro Forghieri

Foto Cancellieri: alla 1000 km del Nurburgring del 1965

Foto Aldo Zana: scattate nel periodo 1965-1972, a Monza e a Montecarlo,

Foto Chiminelli: nel 2016 alla riunione annuale del F1 Drivers Club.

 

Un commosso ricordo di “Big John” anche su  http://www.velocetoday.com/john-surtees-a-tribute/

3 thoughts on “E’ morto John Surtees”

  1. Cica says:

    Ricordo un uomo sempre gentile e disponibile, modesto e simpatico,pur essendo un campione assolutamente fuoriclasse sia in moto che in auto, caro amico di tanti anni formidabili.

  2. Lorenzo Boscarelli says:

    La vittoria di John Surtees nel Gran Premio di Germania del 1963 diede a me, quattordicenne fervente appassionato di corse, la speranza che la Ferrari, dopo la disastrosa stagione 1962, avrebbe potuto di nuovo primeggiare. Mi dispiacque quando il suo rapporto con Maranello terminò, nel ’66. Come ha scritto Enzo Ferrari, avrebbe quasi certamente rivinto il campionato mondiale conduttori di F1. Ricordi dell’adolescenza: grazie, “Big John”!

  3. Francesco says:

    Per definirne compiutamente il valore basta ricordare che in quasi 70 anni di storia resta l’unico pilota ad essersi laureato Campione del Mondo sia sulle due che sulle quattro ruote.

Write a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*