DUE DONNE E UNA FORD

Articolo pubblicato il 28-01-2020

DUE DONNE E UNA FORD

(Donatella Biffignandi per AISA, dicembre 2019).

 

Essere donne, sole. Decidere un viaggio impensabile, inimmaginabile: da Ginevra, in Svizzera, a Kabul, limite orientale estremo dell’Afghanistan. In automobile, senza meccanico a bordo, sapendo di non trovare né strade né aiuti. Aggiungiamo che siamo nel 1939, a ridosso dell’abisso in cui il mondo sarebbe presto precipitato, quella della seconda guerra mondiale. E avremo di fronte un’ avventura straordinaria, vissuta da due donne che più diverse non potevano essere l’una dall’altra, ma accomunate dal coraggio, dall’intraprendenza, dalla curiosità, dalla ricerca di un equilibrio interiore che una, la svizzera Ella Maillart (1903-1997), troverà nel diventare una delle più grandi viaggiatrici di ogni tempo; e che l’altra, la connazionale Annemarie Schwarzenbach (1908-1942), grande scrittrice, fotografa, giornalista, cercherà nella morfina, senza trovarlo.

 E tra loro, la Ford V8 Deluxe: la migliore delle compagne di viaggio che potessero avere, un’automobile a otto cilindri, affidabile, robusta, potente (85 CV), evoluzione di un modello in commercio dal 1932. Aveva linee pulite (firmate da Bob Gregorie),ottimi freni (sulle quattro ruote con comando idraulico), ed era capace di raggiungere senza sforzo i 140 km/h di crociera.

Come le due amiche siano arrivate a scegliere una vettura del genere, non è noto. Si incontrano probabilmente all’inizio del 1939, giovani e ricche entrambe. La Maillart, con all’attivo già numerosi viaggi “impossibili” (in Russia, in Cina, in Crimea) è al culmine della sua fama di viaggiatrice, scrittrice e giornalista. Il suo primo libro è “Parmi la jeunesse russe” (1932), scaturito dal viaggio che compie in Russia, in Caucaso, e poi attraverso il Mar Nero e la Crimea, indagando sugli effetti della rivoluzione sovietica e il cinema russo. Nello stesso anno riparte per il Turkestan sovietico e la catena delle Montagne celesti, da cui trarrà il successivo “Des Monts Célestes aux sables rouges”, sulla sopravvivenza dei costumi tradizionali in quelle zone e la modernizzazione imposta a forza dal governo centrale dell’URSS. Ancora un viaggio straordinario nel 1935, sempre in estremo Oriente (Cina, Manciuria, Tibet, Pamir), insieme al giornalista del Times Peter Fleming, su mezzi di fortuna di ogni tipo, affrontando climi estremi, e popolazioni sconosciute.

Sarebbe bastato per riempire dieci vite, ma non quella della Maillart. Quando nel 1939 incontra la Schwarzenbach, questa si trova in una clinica per disintossicarsi. Annemarie fa parte di quella generazione (è nata nel 1908) che ha visto i massacri della Prima guerra mondiale, poi l’avvento dei totalitarismi, la guerra civile spagnola, e teme lo scatenarsi, come avverrà, di un secondo terribile conflitto. Non ha timore di palesarsi per dichiaratamente antinazista, e a Berlino, dove vive, è una protagonista della vita culturale bohemien mitteleuropea degli anni Trenta: ma si lascia contagiare dall’uso della morfina. È bella, androgina, preda di grandi passioni e depressioni. E si lascia affascinare dalla forza, fisica e morale, della sua amica più grande di cinque anni. Insieme progettano un nuovo viaggio, per scoprire “comment on peut vivre en accord avec son coeur”, come si può vivere in accordo con il proprio cuore.

Da questo viaggio nascerà il libro più bello della Maillart “La voie cruelle. Deux femmes, une Ford vers l’Afghanistan”. A ripercorrerlo, permettendo di riscoprire due personaggi del Novecento fuori dall’ordinario, una mostra dal titolo “C’era una volta l’Afghanistan. La via crudele: da Ginevra a Kabul 1939-1940”.che si è svolta al Rettorato dell’Università di Torino, in via Po 17, dal 18 novembre al 13 dicembre. Ad organizzarla, il Centro Studi Federico Peirone (organismo dell’Arcidiocesi di Torino), in collaborazione con l’Università di Torino, e il patrocinio del Consolato Generale Svizzero in Italia e del Comune di Torino. Si è voluto in questo modo rendere omaggio alla figura di padre Federico Peirone, grande arabista ed antesignano del dialogo tra Islam e Cattolicesimo, scomparso trent’anni fa.

[L’immagine mostra la copertina della edizione inglese de “La via crudele”, ossia “The cruel Way. Switzerland to Afghanistan in a Ford, 1939”, titolo originale “La voie cruelle. Deux femmes, une Ford, vers l’Afghanistan”]

 La mostra espone le fotografie scattate dalla Schwarzenbach, mentre i filmati, originali, che riprendono i popoli nomadi, sono della Maillart. Che dirà, al ritorno in Europa (un ritorno che non avverrà, per lei, prima della fine della guerra): “prima di quel viaggio cercavo le differenze fra i vari popoli, dopo quel viaggio ho ricercato le somiglianze”.

A tornare in Europa nel gennaio 1940, sarà invece la Schwarzenbach, mai pacificata, mai risolta. Crudele la sua sorte: dopo un’avventura di tale pericolosità e difficoltà, morirà nel 1942 per una caduta dalla bicicletta, a soli 34 anni.

 Due donne, sole. Che non hanno paura di confrontarsi con l’ignoto, l’impossibile, il mai tentato; che non hanno timore di mescolarsi a popolazioni di cui nulla si sapeva (ma da cui sono accolte con curiosità e rispetto), cercando passaggi dove mai era transitata un’automobile, come già aveva fatto il Principe Borghese sulla sua Itala trent’anni prima. Un viaggio che però, grazie alla fotografia, al cinema, alla scrittura, ci viene restituito intatto nel suo fascino e nella sua forza. Un viaggio che noi oggi, con tutta la nostra conoscenza e la tecnologia a disposizione, non possiamo più fare.

Foto nell’ordine :

Frontespizio Eccole, le due straordinarie viaggiatrici. A sinistra, con i pantaloni, Annemarie Schwarzenbach;accanto a lei, con la gonna e lo sguardo dritto nell’obiettivo, Ella Maillart. In terza posizione, l’imponente Ford V8 Deluxe utilizzata nel viaggio, targata GR 2111.

1         Uno scatto della Schwarzenbach, al confine con l’Afghanistan. A mano aveva scritto: “29 luglio 1939; nella sabbia… 4 ore per 30 metri!”

2          Con la Ford in Afghanistan, a Chahrshambe. Nomadi riposano sotto un albero

3          La Ford al passo Khyber, che collega il Pakistan con l’Afghanistan, 1070 m. di altitudine

4          Posto di frontiera afghano di Dakka, non lontano dal passo Khyber. “l’automobile correva leggera…”scrive Ella

5         Alla frontiera tra Pakistan e Afghanistan, a Torkham, sulla strada per l’India

6          Annemarie sistema i bagagli sulla Ford V8 davanti all’Ambasciata inglese nella città di Mashhad, nel nord-est dell’ Iran

3 thoughts on “DUE DONNE E UNA FORD”

  1. Ferrandino Francesco says:

    Storia bellissima, di cui ero completamente all’oscuro.

  2. tenconi edoardo says:

    molto interessante, esiste un libro in italiano?

    1. Biffignandi Donatella says:

      Ne esistono parecchi. Per esempio: “La via crudele. Due donne in viaggio dall’Europa a Kabul” (Libreria Universitaria, oppure Feltrinelli); “Vagabonda nel Turkestan”, Libreria Universitaria; “Oasi proibite. Una donna in viaggio da Pechino al Kashmir”; e ancora “La vagabonda dei mari”. Tutti di Ella Maillart e tutti acquistabili anche online. Buone letture!

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