Si è spenta Maria Teresa de Filippis, prima donna a gareggiare in F1
Articolo pubblicato il 13-01-2016
Donatella Biffignandi ha preparato questo intenso ritratto di M.T. DeFilippis.
Pilota: sostantivo di genere maschile, nonostante la desinenza in a. Per coerenza, la grande De Filippis avrebbe dovuto farsi chiamare “piloto”. E invece fu “pilotino” il nome che le affibbiarono. In quel diminutivo scherzosamente al maschile sta tutta la tenerezza e l’ammirazione con cui si guardava, negli anni Cinquanta, a quella giovane donna bruna, minuta, vincente, che il 13 aprile 1958, forte ormai di una lunga esperienza sulle macchine sport, salì su una vettura di F1. Bella, napoletana, di ottima famiglia, Maria Teresa De Filippis, di temperamento vivacissimo e scanzonato, a trent’anni fece con naturalezza e facilità, direi irriverenza, quello che fino a quel momento nessuna donna aveva fatto, e che in seguito ben poche riuscirono a fare: gareggiare nella massima formula automobilistica.
La sua prima vittoria risaliva al 1948 quando al volante di una Fiat 500 si impose alla corsa in salita Salerno-Cava dei Tirreni, a cui l’avevano iscritta, più per scommessa che per altro, due dei suoi quattro fratelli. Negli anni successivi gareggiò in varie gare sport con una Urania, e quindi una Giaur, dominando senza sforzo gli avversari della sua categoria e facendo innamorare di sé uno dei piloti più affascinanti e talentuosi di quegli anni, Luigi Musso, a cui restò saldamente legata anche quando l’amore sfumò.
Ma non fu facile: non lo è mai per nessuno, figuriamoci per una donna in un ambiente da sempre totalmente maschile. “Agli inizi – fu lei a dirlo – , la mia vita si era tramutata, mio malgrado, in una non sempre divertente sfida agli uomini da battere, solo per poter spegnere quel
sorrisino di sufficienza” .Al Giro di Sicilia del 1950 corse per undici ore sotto la pioggia concludendo al 4° posto, per poi venir squalificata: la sua vettura in partenza era stata messa in moto a spinta. Un suo collega presente alla gara, tal Tazio Nuvolari, rimase sdegnato: farla correre per più di mille chilometri, in condizioni atmosferiche proibitive, per poi squalificarla, era stata una grave scorrettezza. Ma non fu certo l’unica perpetrata nei suoi confronti. Nel 1953 debuttò nella categoria 1100 su una Osca preparata dai fratelli Maserati, sul Circuito di Avellino. Su quella Osca ottenne otto vittorie di classe – su 22 gare disputate -, quattro secondi e due terzi posti, risultando, alla fine del 1954, terza nel Campionato Italiano Sport Classe 1100 . Pare addirittura che in quel
periodo, prima delle gare, arrivassero alla Osca delle telefonate “esplorative”: se Maria Teresa era fra i partecipanti, gli avversari non sempre erano disposti a correre col rischio di essere sconfitti da una donna.
Nel 1958 l’esordio in F1. Non esistendo allora gli sponsor, la De Filippis provvide personalmente ad acquistare una vettura, una Maserati 250 F, appartenuta a Scarlatti. In quei giorni la Casa del tridente, in amministrazione controllata, era costretta a vendere le macchine della squadra che, nel 1957, era stata Campione del mondo: il marchio si era ufficialmente ritirato dalle corse e assisteva solo i privati. Ma c’era privato e privato: Maria Teresa fu giustamente considerata un eccezionale veicolo di propaganda per la Maserati. Il debutto avvenne in aprile, al Gran Premio di Siracusa, gara non valida per il Campionato del Mondo: arrivò quinta. Negli altri cinque Gran Premi della stagione non si qualificò a Monte Carlo, fu decima in Belgio, sul velocissimo circuito di Spa Francochamps, si ritirò per incidente in Portogallo e a Monza, a sei giri dal termine, le si ruppe il motore mentre era in quinta posizione, unico pilota italiano rimasto in gara. La sua iscrizione al Gran Premio di Francia, invece, non fu accettata. Il motivo era semplice: era una donna; la Francia era il paese dove le belle donne nascevano, non morivano (altri dissero che era il paese dove l’unico casco indossato dalle donne era quello del parrucchiere…) e la sua iscrizione venne respinta.
Ma quello che doveva essere il suo primo anno in F1, in realtà fu l’ultimo. La stagione 1959 si concluse presto e in modo drammatico. Il 1° agosto sul circuito dell’Avus, presso Berlino, perse la vita il suo amico Behra. Una morte che si aggiungeva a quella di tanti altri amici: Eugenio Castellotti, Alfonso De Portago, Luigi Musso, Peter Collins. Maria Teresa decise allora che non
sarebbe più salita su una macchina da corsa. “Amici con i quali avevo macinato chilometri [.], vivendo insieme tra Europa e Sud America circondata dal loro affetto, spesso vittima dei loro scherzi, l’amica vera, la piccola da proteggere, il pilotino pieno di gioia di vivere e d’allegria. Non avrei più saputo ridere come prima senza di loro ed è finita così, con l’addio alle corse”.
Finì così la carriera di pilotino, altrimenti detta “la diavola”: per amore di una vita che senza i suoi compagni non le pareva più degna di essere proseguita.
E con la stessa scanzonata naturalezza di sempre, da gran signora napoletana quale era, si inventò una seconda vita. Si dedicò infatti alla vita familiare e agli affetti privati, ma lentamente riprese anche il suo legame con il mondo delle corse, sia pure sotto altre forme. Diventerà infatti Vice Presidente del Club International des Anciens Pilotes de F1, sodalizio nato nel 1962 su iniziativa di nove ex piloti capeggiati da Juan Manuel Fangio e Louis Chiron; Presidente Onorario a vita del Maserati Club, socio onorario del British Racing Driver’s Club; membro del Comitato d’onore della Mille Miglia.
Si è spenta l’8 gennaio scorso, all’età di 89 anni, nella sua abitazione sulle colline di Scanzorosciate nel bergamasco.